MANCATO CONSENSO MEDICO INFORMATO: la risarcibilità del danno è possibile anche se l’intervento è risolutivo della patologia
La Cassazione ritorna sul tema assai delicato del consenso informato arrivando a statuire che il paziente che non ha dato il consenso ha diritto al risarcimento del danno anche se l’intervento è risolutivo della patologia, con ciò rendendo autonoma la fattispecie di mancato consenso rispetto all’eventuale danno cagionato all’esito dell’intervento con ciò conferendo maggior peso e tutela massima alla libertà di autodeterminazione della persona.
Andando per ordine va ricordato che per “consenso medico informato” si intende il diritto del paziente ad essere esaustivamente informato dal proprio medico di ogni terapia e/o intervento al quale debba sottoporsi, in modo da poter prestare il proprio consenso ai trattamenti con consapevolezza di ogni possibile conseguenza da essi derivabile. Sul medico grava, dunque, un corrispondente obbligo di comunicare ogni informazione a sua disposizione con il solo limite dei rischi imprevedibili e degli esiti anomali, ossia quegli eventi che per la loro imprevedibilità interrompano il nesso causale tra il trattamento e l’evento lesivo.
Così stabilisce la Corte di Cassazione che afferma: “la finalità dell’informazione, che il medico è tenuto a dare, è quella di assicurare il diritto all’autodeterminazione del paziente (Cass. 9/2/2010, n. 2847), in quanto, senza il consenso informato, l’intervento del medico è – al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità – sicuramente illecito, anche quando sia nell’interesse del paziente. Ciò, in quanto, secondo la definizione della Corte costituzionale (sentenza n. 438 del 2008), il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell’art. 2 Cost., che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 Cost., i quali stabiliscono rispettivamente che la libertà personale è inviolabile e che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. […] L’obbligo di informazione, che deve essere particolarmente dettagliato al fine di garantire lo scrupoloso rispetto del diritto di autodeterminazione del paziente, non si estende ai soli rischi imprevedibili, ovvero agli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l’id quod plerumque accidit, in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque ad interrompere il necessario nesso di casualità tra l’intervento chirurgico e l’evento lesivo. Ma, al di là di tale limite, il professionista sanitario ha l’obbligo di fornire al paziente, in modo – ripetesi dettagliato, tutte le informazioni scientificamente possibili sull’intervento chirurgico, che intende eseguire, sulle conseguenze normalmente possibili sia pure infrequenti (tanto da apparire “straordinari”), sul bilancio rischi/vantaggi dell’intervento. (Cass. Sez. III civile, sent. n. 27751 del 11/12/2013).
La giurisprudenza si è dovuta esprimere in più occasioni con riguardo alle conseguenze della mancata o insufficiente informazione data dal medico al paziente. Dapprima l’orientamento prevalente riteneva che sorgesse responsabilità in capo al medico solo nel caso in cui a seguito della mancata informazione si verificasse anche l’evento dannoso, ossia quando la terapia o l’intervento non avessero avuto gli esiti sperati o avessero comportato l’insorgenza di nuove patologie oppure l’aggravamento della patologia pregressa. In tal modo, però, in mancanza di un danno psico-fisico, non sorgeva nessun obbligo risarcitorio dalla mera violazione dell’obbligo di informazione.
In seguito gli ermellini hanno ammesso la possibilità di ottenere un risarcimento del danno in conseguenza di un intervento non autorizzato privo di conseguenze dannose, alla condizione che il paziente dimostrasse che, se adeguatamente informato, avrebbe rifiutato il trattamento (Cass. 2847/10; Cass. 72371/11; Cass. 20984/12).
Infine la Cassazione è giunta ad affermare la risarcibilità del danno conseguente alla mancata acquisizione del consenso medico informato anche nel caso in cui l’intervento appaia necessario secondo una valutazione ex ante e pure effettivamente risolutivo della patologia, conferendo rilievo alla libertà di autodeterminazione della persona che deve essere posta nella condizione di poter scegliere coscientemente tra le varie opzioni possibili, indipendentemente dagli esiti a cui queste portino (Cassazione Civile, sez. III, sentenza 12/06/2015 n° 12205). Seguendo questa interpretazione, l’eventuale danno cagionato dall’intervento non autorizzato farebbe sorgere un autonomo diritto al risarcimento del danno che si aggiungerebbe a quello derivante dalla violazione dell’obbligo di acquisizione del consenso medico.