IL DOVERE DI ASSISTENZA MORALE E MATERIALE E L’OBBLIGO DI MANTENIMENTO DEL CONIUGE SEPARATO ANCHE ALLA LUCE DELLA RECENTISSIMA SENTENZA DELLA SUPREMA CORTE N. 11504 DEL 2017.

L’art. 143 del codice civile prevede e disciplina il dovere di assistenza morale e materiale a carico di ciascuno dei coniugi e l’obbligo di contribuire alle necessità della famiglia. Da tali doveri dei coniugi discende l’obbligo di mantenimento anche in seguito alla separazione personale dei coniugi disciplinato dall’art. 156 c.c.

Con la richiesta di separazione avanzata dai coniugi, consensualmente o giudiziale, il matrimonio non può ancora dirsi sciolto né gli effetti civili dello stesso cessati. La separazione dei coniugi produce soltanto l’effetto di liberare i coniugi di alcuni degli obblighi sorti con il matrimonio, quali gli obblighi di fedeltà e convivenza. Restano fermi, invece, altri obblighi in scaturenti dall’unione matrimoniale. Uno tra tutti è il dovere di assistenza materiale dal quale discende la determinazione dell’assegno di mantenimento per il coniuge che non disponga di mezzi propri adeguati a provvedere alla propria sussistenza.

Il primo requisito per l’insorgere dell’obbligo di mantenimento sta dunque nella necessità del coniuge economicamente più debole. A tal fine si deve valutare la condizione reddituale dei coniugi al fine di appurare se entrambi dispongano di “adeguati redditi propri”.

L’adeguatezza del reddito va parametrata sul tenore di vita adottato nel corso del matrimonio. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, “se prima della separazione i coniugi avevano concordato o, quanto meno, accettato che uno di essi non lavorasse, l’efficacia di tale accordo permane anche dopo la separazione”, in ragione del fatto che la separazione, a differenza del divorzio, “tende a conservare il più possibile tutti gli effetti propri del matrimonio compatibili con la cessazione della convivenza” (Cassazione Civile, sentenza n. 5555 del 19 Marzo 2004).

Diversa è, appunto, la disciplina dell’assegno di mantenimento in caso di divorzio perché sono diversi i presupposti che ne stanno alla base. Mentre il mantenimento riconosciuto in sede di separazione trova fondamento nell’assistenza morale e materiale a carico di ciascun coniuge e nel principio di uguaglianza morale e materiale dei coniugi espresso dall’art.29 della Costituzione, il mantenimento da riconoscersi in sede divorzile si fonda sulla solidarietà post coniugale.

A seguito dello scioglimento del vincolo del matrimonio, infatti, vengono meno anche gli obblighi di assistenza morale e materiale. Conseguentemente, per il riconoscimento dell’assegno divorzile non si dovrà tener conto del tenore di vita in costanza di matrimonio ma si prenderà a parametro di riferimento soltanto l’indipendenza economica dell’ex coniuge e la sua capacità di procurarsi redditi sufficienti per raggiungerla (così si è espressa da ultimo la Cassazione con sent. n. 11504 del 10.05.2017).

Normalmente il mantenimento consiste nella corresponsione periodica, generalmente mensile, di una somma di denaro. Esula, invece, dalla quantificazione del mantenimento dovuto all’ex coniuge l’assegnazione della casa coniugale. L’art. 155quater del codice civile stabilisce infatti che l’assegnazione della casa coniugale mira esclusivamente alla tutela della prole e “non può essere disposta come se fosse una componente dell’assegno previsto dall’articolo 156 c.c.”.

Tuttavia, l’assegnazione della casa familiare è un elemento che incide pesantemente sulla situazione economico-patrimoniale del coniuge cedente, cosicchè il giudice dovrà tenerne conto come fattore di reddito che compone il patrimonio della coppia. Il godimento della casa coniugale è economicamente valutabile in quanto effettivo risparmio sull’eventuale canone di locazione che il coniuge dovrebbe corrispondere se non avesse la disponibilità della casa coniugale. Conseguentemente  tale importo si sommerà alla capacità di reddito del coniuge a cui è stata assegnata l’abitazione.

La determinazione dell’assegno di mantenimento varia in ragione del tipo di separazione cui si procede.

Nel caso di separazione consensuale i coniugi dispongono di ampia libertà nella determinazione delle condizioni della separazione stessa, ivi compreso l’assegno di mantenimento, con il patrocinio di un legale (anche comune tra i due coniugi). In questo caso il Tribunale si limiterà a verificare la congruità ed equità dell’accordo, soprattutto al fine di tutelare i figli, ed omologherà l’accordo raggiunto dai coniugi.

Diversamente, nel caso in cui i coniugi non raggiungano un accordo o vi sia la richiesta di addebito della separazione ad uno a all’altro coniuge, si dovrà procedere con la separazione giudiziale. Il giudice sarà allora chiamato a stabilire quale dei coniugi abbia violato gli obblighi scaturenti dal vincolo matrimoniale (se vi è richiesta di addebito) e a determinare le condizioni della separazione. Tra queste vi è l’assegno di mantenimento. Il Giudice dovrà individuare il coniuge economicamente più debole e stabilire se lo squilibrio rispetto alla situazione patrimoniale dell’altro coniuge sia tale da impedire il mantenimento del medesimo stile di vita tenuto in costanza di matrimonio. Sulla base di tale valutazione dovrà allora stabilire se sia necessaria la corresponsione di un assegno di mantenimento e la misura dello stesso.

Se in un momento successivo si dovessero verificare dei mutamenti delle condizioni economiche di uno dei due coniugi sarà possibile chiedere al Giudice una revisione dell’ammontare del mantenimento. Anche in questo caso sarà possibile ricorrere al Tribunale congiuntamente qualora vi sai un accordo tra le parti, diversamente il coniuge che ricorrerà per ottenere la modifica avrà l’onere di provare la mutazione delle condizioni economiche proprie o del coniuge. Altra cosa, invece, è la rivalutazione periodica di quanto dovuto in base agli indici Istat che opera automaticamente  con onere da parte del coniuge percipiente di chiedere il conguaglio all’altro coniuge.

Nel caso in cui il coniuge che percepisce il mantenimento dovesse intraprendere una nuova convivenza stabile, il diritto alla percezione del mantenimento verrebbe meno. Non è sufficiente una convivenza occasionale o l’ospitalità prestata a taluno ma è necessario che si instauri una comunione morale e materiale analoga a quella del matrimonio.

Naturalmente il coniuge obbligato al pagamento non potrà smettere di corrispondere il mantenimento senza aver ottenuto una revisione delle condizioni di separazione o divorzio da parte del tribunale, provando l’instaurazione della nuova convivenza se non sia stato raggiunto un accordo tra i coniugi separati. Il mantenimento è un vero e proprio diritto di credito in capo al beneficiario, di conseguenza laddove il debitore non dovesse provvedere al pagamento il beneficiario potrà agire esecutivamente per il recupero del credito apponendo la formula esecutiva sull’omologa/sentenza che stabilisce il relativo diritto e procedendo con la notifica dell’atto di precetto con il quale viene intimato il pagamento nel termine breve di giorni 10 dalla ricezione dell’atto, pena il proseguo dell’azione esecutiva di pignoramento di stipendio, conto corrente, automobile, o addirittura con il pignoramento di beni immobili.

 

Studio Bruni